«
Les ascensions oubliées des officiers géographes dans les Alpes du Sud », recherches menées par
Olivier Joseph (Historien),
Paul Billon-Grand, Eugenio Garoglio (CeSRAMP – Université de Turin), et
Alexandre Nicolas (cartographe), a les honneurs de la
Stampa, édition nationale.
Que les italiens soient fortement intéressés par les résultats inattendus de cette recherche est logique : le
Mont Viso (
3 841 mètres) est un sommet emblématique et mythique.
Emblématique car sa haute silhouette, nettement dégagée des sommets alentours, est visible dans toute la plaine du Pô et jusqu'aux alentours de Cunéo. Mythique car le sommet est présent tout au long de l'histoire piémontaise et italienne, notamment dans les textes, dans la littérature, dans la poésie…
Mythique encore car une part de l'histoire nationale italienne s'est jouée autour de la conquête des deux sommets symboliques que sont le Cervin et le Mont Viso. Ces deux montagnes ont fait l'objet d'une véritable course afin qu'ils soient gravis par des italiens, dans le cadre de l'Unité Italienne, le Risorgimento, au début des années 1860. Lorsque le Viso fut atteint par une cordée composée de deux alpinistes anglais, Mathews et Jacomb, et de deux guides français, Michel Croz et Jean-Baptiste Croz (30 août 1861), la course aux plus hauts sommets des Alpes italiennes prit une tournure franchement politique. Sous la houlette du ministre des finances Quintino Sella et de son ami Felice Giordano, des manœuvres secrètes furent entreprises pour que le Cervin soit le théâtre d'une « vendetta nazionale » qui verrait les italiens atteindre le sommet en premier. Mais, ici encore, les anglais furent les plus rapides au sommet : le 14 juillet 1864, quatre anglais, Whymper, Hudson, Douglas et Hadow et trois guides, les Taugwalder père et fils, et Michel Croz foulaient le sommet du Cervin au moment même où une cordée italienne conduite par Jean-Antoine Carrel tentait l'ascension par le versant italien.
C'est dans le cadre de cette rivalité de type nationaliste que fut créé le Club Alpin Italien, par Sella et Giordano.
En découvrant, lors de nos recherches sur les ascensions des officiers-géographes des années 1750 et 1780, que le Viso avait été gravi par les ingénieurs commandés par Pierre-Joseph Bourcet, en 1750 ou plus vraisemblablement en 1751, nous introduisons une véritable révolution historique qui passionne les italiens, profondément attachés à leur magnifique souverain de toute éternité : le Roi de Pierre (Rei di Pietra).
Contact : Olivier Joseph – Cette adresse e-mail est protégée contre les robots spammeurs. Vous devez activer le JavaScript pour la visualiser. – Tél : 06 88 56 61 95
Détail de l'original de la carte de Bourcet au 1/14400e
“ Addio inglesi: il primo sul Monviso fu un francese nel Settecento ” - La Stampa Montagna
Una ricerca negli archivi svela l’epopea dimenticata di Bourcet. Carte e misurazioni tolgono il record a William
Mathews e Frederick William
JacombP
er la storia dell’alpinismo furono gli inglesi William Mathews e Frederick Jacomb a salire per primi, il 30 agosto 1861, sul «Re di Pietra». Cioè il Monviso: la montagna simbolo del Piemonte, che nelle giornate di cielo terso si vede dalla Pianura Padana. Ma la storia potrebbe cambiare. Perché tre studiosi hanno scoperto, esaminando la cartografia del XVIII secolo, che sui 3841 metri della vetta più alta delle Cozie potrebbero essere arrivati altri, 110 anni prima: i geografi francesi incaricati di disegnare la «mappa» del territorio.
Oliver Joseph e Paul Billon-Grand, storici di Vallouise (vicino a Briançon), insieme con Eugenio Garoglio (collaboratore dell’Università di Torino e del Centro studi e ricerche storiche sull’architettura militare del Piemonte) e il cartografo Alexandre Nicolas, hanno trovato nelle antiche carte la «prova matematica» (così sostengono) che ci sono state «ascensioni dimenticate» sulle Alpi del Sud, compresa quella sul Viso. Che oggi possono essere dimostrate dalla presenza di quelle rilevazioni e misurazioni.
«Abbiamo iniziato le ricerche - spiegano - all’Archivio storico della Difesa francese a Vincennes. Cercavamo materiale della seconda metà del XIX secolo e abbiamo trovato i disegni originali della Carta della frontiera delle Alpi del Delfinato, realizzata tra il 1749 e il 1754 dall’ingegnere militare Pierre-Joseph Bourcet». «Lì abbiamo intuito la possibilità di un’ascesa alla sommità del Viso - sottolinea Olivier Joseph - nel 1751, se non addirittura nel 1750. È stata la scoperta di un pittogramma, cioè un simbolo stilizzato, che ci ha posto la questione».
«Sulla mappa di metà ‘700 – precisano gli studiosi – il Monviso e le altre vette usate per le misurazioni sono indicate con un palo e un’ellisse in cima. Un tronco di 10-15 metri, a cui veniva attaccato un drappo visibile da un’altra sommità, da cui si facevano i calcoli. Significa che la spedizione di Bourcet è salita in vetta al Viso per sistemare il palo e poi registrare i valori».
Materiale topografico dettagliato, anche rispetto alla cartografia moderna. «L’altezza delle montagne e le distanze tra le cime - proseguono i ricercatori – presentano errori di pochi metri su tratti di 15-20 km. Imprecisioni tra 0,5 e 1%». I topografi seguivano il metodo delle triangolazioni e dell’ampiezza degli angoli: «Utilizzavano sommità ben visibili e cannocchiali con mirini. In pianura i vertici dei triangoli sono campanili o torri, mentre in montagna sono le cime». Secondo Joseph, Billon-Grand e Garoglio, la missione di Bourcet scalò cime del Delfinato e il Monviso. Ma anche altri abitanti del territorio potrebbero essere saliti nello stesso periodo.
« I topografi non conoscevano queste vallate – dice Joseph - ma negli archivi del Delfinato abbiamo trovato contratti con cui Bourcet ordinava a persone del luogo di accompagnarli nell’ascensione, come sherpa, perché conoscevano già la strada». E dagli archivi è emerso che Bourcet e i suoi ingegneri «si diressero verso il Queyras, dunque il Viso, nel luglio 1751 ».
La ricerca che sconvolge la storia dell’alpinismo è stata presentata a Vallouise e nei prossimi mesi in Piemonte. Il lavoro prosegue: gli storici vogliono esaminare gli archivi di Casteldelfino, nel Cuneese, da dove si passava per salire sul «Re di Pietra». Cercano eventuali ordini di Bourcet e nomi dei primi scalatori italiani.
Paola Scola e Andrea Garassino - 24 janvier 2016